Oltre 200.000 operazioni effettuate in 5 anni: una questione di fiducia!

5 anni di strette di mano e operazioni commerciali, 200.000 transazioni all’interno del Circuito Sardex.

Sono trascorsi cinque anni dalla prima transazione. La ricordo ancora come fosse ieri. Il Circuito aveva poche settimane di vita. Fu un cambio gomme. Poche decine di euro di valore. Pochi spiccioli in termini di valore assoluto, un evento apparentemente insignificante nel mare magnum dei grandi flussi finanziari.

Quella piccola transazione, quelle poche decine di Sardex, hanno rappresentato ed ancora oggi rappresentano un valore inestimabile, la prova inconfutabile che anche il più piccolo e fragile dei semi possa racchiudere in sé, in potenza, un’intera foresta. In fondo, anche il rogo più vorace prende vita da una singola scintilla.

Ed è così che quella piccola transazione, quel fragile germoglio, ha dato il via a una crescita inarrestabile. Infatti, a quella prima, singola, piccola transazione ne sono presto seguite delle altre. Dapprima decine, poi migliaia, oggi centinaia di migliaia. Dietro ognuna una stretta di mano, un atto di fiducia di una comunità verso il singolo e di un singolo verso la propria comunità.

Una sorgente che, goccia dopo goccia, ha scavato la roccia, cambiando le nostre vite, il nostro sguardo, i nostri gesti, per sempre. Non solo le vite di chi come noi il Circuito lo ha ideato ma anche quelle di chi insieme a noi lo ha reso e lo rende possibile, rinnovandone giorno dopo giorno il mistero e la magia. Parlo delle migliaia di persone, imprenditori e lavoratori aderenti al Circuito che, insieme, hanno intrapreso con noi questo insolito e straordinario percorso. In fondo, come ripeto spesso, sono loro il Circuito!

Credo che per ognuno di noi, chi più e chi meno, ci sia un prima e un dopo sardex, un confine netto, una linea di demarcazione, un istante preciso da cui il nostro modo di pensare, di progettare, di vivere le relazioni economiche è cambiato radicalmente, un preciso momento in cui una porzione di esistente fino ad allora celata alla sguardo, squarciato il velo, si è finalmente rivelata, luminosa come un faro che lacera la tenebra, come una verità spesso taciuta che da sempre ci appartiene.

Sono oramai in tanti, da tutto il mondo a osservare questo piccolo miracolo che le nostre imprese sono state in grado di generare. Alcune delle più prestigiose Università al Mondo, alcune delle maggiori istituzioni nazionali e internazionali, le più importanti testate giornalistiche del pianeta sono giunte fino a qui da ogni parte del globo ad osservare da vicino, a studiare, a raccontare l’incredibile storia di questo splendido gioiello di fiducia e collaborazione, di questo nuovo modello di sviluppo locale che la nostra terra, la nostra gente e le nostre imprese sono state in grado di generare.

Quando tutto è iniziato, come spesso accade, eravamo solo un piccolo gruppo di persone determinate a cambiare, almeno in parte, il proprio centimetro quadro di mondo ed oggi, a distanza di appena cinque anni, siamo svariate migliaia, uomini e donne capaci di aggregare, di coinvolgere, di condividere questo sogno con altri, di dargli concretezza, di diffonderlo non solo nell’Isola ma di contagiarlo anche all’esterno.

Nel secolo scorso, qualcuno più saggio di me disse che la verità è un virus, mi permetto di aggiungere a questa affermazione che più questa verità è semplice più la sua capacità di diffondersi e radicarsi nell’immaginario sarà forte.

E in fondo le verità che risiedono in Sardex sono poche e molto semplici: che la collaborazione è alla base di ogni sana competizione, che l’intelligenza connettiva è e sarà sempre superiore a quella individuale, che siamo noi attraverso lo scambio, attraverso le relazioni a creare il valore che il denaro rappresenta e che non vi è gioia nella vittoria se una volta tagliato il traguardo si è rimasti soli.

Quando la crisi non era che agli albori, nel progettare sardex siamo partiti proprio da questi semplici assunti, consapevoli che la crisi che stava giungendo era una crisi finanziaria e non produttiva, che probabilmente sarebbero venuti a mancare i soldi, che l’accesso al credito sarebbe stato più complesso ma che non sarebbe di certo venuta a mancare la nostra capacità di produrre valore; che i nostri bisogni non sarebbero svaniti solo perché non c’erano soldi per acquistare ciò di cui avevamo bisogno, perché a soddisfare i bisogni non è il denaro ma i beni e i servizi che il denaro ci permette di acquistare; che il valore che eravamo ancora in grado di produrre non sarebbe venuto meno da un giorno all’altro per via della mancanza di denaro; che il valore prodotto da ognuno di noi avrebbe potuto continuare a soddisfare i bisogni di qualcuno, così come i nostri bisogni potevano essere soddisfatti dalla capacità di produrre valore di qualcun altro.

Keynes-betterSi trattava insomma di trovare un mezzo che ci permettesse di scambiare la nostra capacità di produrre valore con ciò di cui avevamo bisogno, semplicemente un accordo, un sistema di regole condiviso, ed è proprio questo ciò che abbiamo fatto. Perché in fondo, come affermò JM Keynes, uno dei maggiori economisti del secolo scorso, in una celebre intervista del 1942 alla BBC, “il denaro è solo una questione tecnica”.

Alle provocazioni dell’intervistatore che lo incalzava dicendo: “(…)Le ho chiesto da dove proviene il denaro, signor Keynes. Il denaro non c’è, e lei mi risponde che è solo una questione tecnica! Il Regno Unito la sta ascoltando!(…)”, Keynes rispose con un aneddoto tanto semplice quanto illuminante:”(…) vi racconterò come risposi a un famoso architetto che aveva dei grandi progetti per la ricostruzione di Londra, ma li mise da parte quando si chiese: ”Dov’è il denaro per fare tutto questo?”. “Il denaro? – feci io – non costruirete mica le case col denaro? Volete dire che non ci sono abbastanza mattoni e calcina e acciaio e cemento?”. “Oh no – rispose – c’è abbondanza di tutto questo”. “Allora intendete dire che non ci sono abbastanza operai?”. “Gli operai ci sono, e anche gli architetti”. Bene, se ci sono mattoni, acciaio, cemento, operai e architetti, perché non trasformare in case tutti questi materiali?”. Insomma possiamo permetterci tutto questo e altro ancora. Una volta realizzate le cose sono lì, e nessuno ce le può portare via. Siamo immensamente più ricchi dei nostri predecessori!

Ed è proprio questa la verità di cui parlo, il denaro infatti non è quello che Searle chiamerebbe un fatto bruto, qualcosa che esiste al di là di noi e della nostra capacità di produrre valore, ma è una creazione antropica, è solo uno strumento frutto dell’ingegno umano.

Ciò che tutti noi, insieme, siamo in grado di fare, con il nostro lavoro, con le nostre capacità, con le nostre relazioni, non svanisce da un giorno all’altro perché manca il denaro. Questo enorme potenziale è lì, sta solo a noi portarlo dalla potenza in atto e questo nessuna crisi potrà mai portarcelo via.

Carlo Mancosu

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