Intervista ad Aldo Addis, presidente della comunità dei lettori sardi “Lìberos”.
Lìberos, la comunità dei lettori sardi che coniuga cultura, etica e sostenibilità economica, è pronta a essere replicata nelle altre regioni d’Italia. Come? Con una piattaforma tecnologica per finanziare la quale ha fatto ricorso all’equity crowdfunding. Ci spiega il progetto il presidente Aldo Addis.
Un progetto nato nel 2012, che è riuscito in Sardegna a mettere in rete tutti gli attori della filiera del libro e a creare occasioni d’incontro culturali nei comuni e piccoli paesi dell’isola. Lìberos, la comunità dei lettori sardi, ha fatto della cultura un investimento partecipato e diffuso nei territori.
Come nasce Lìberos?
L’idea di rivoluzionare il rapporto tra tutti gli attori della filiera è stata di Michela Murgia, che è partita da un dato di fatto: c’era già in Sardegna una collaborazione importante tra i vari mestieri del libro, con la differenza che prima si parlava tra librai e librai, tra bibliotecari, tra editori, mentre adesso si mettono tutti insieme a cercare soluzioni a problemi che non sono di uno ma di tutti. Lìberos ha quindi creato una comunità sia virtuale sia reale, ed ecco perché il progetto è sia social che sociale. La rete che si riconosce nel codice etico di Lìberos è costituita da centinaia di professionisti e appassionati, librai, bibliotecari, associazioni culturali, media e location partner, festival. Il grande calendario degli eventi realizzati dalle attività aderenti ha toccato 1/3 dei comuni sardi.
Come si sviluppa questo rapporto coi comuni?
Sulla base del concetto di rete e sul format dei festival diffusi(Éntula) che permettono alle amministrazioni di sostenere costi molto bassi per realizzare incontri tra comunità e autori importanti. Ricordo che il primo ospite straniero che abbiamo avuto nella prima edizione di Éntula è stato Terry Brooks, che è arrivato a Nulvi con alle spalle 42 milioni di copie vendute, ed è rimasto entusiasta. In questi paesi tra l’altro c’è molta più partecipazione che nella città, e quindi anche questi nomi importanti, abituati a veri e propri palcoscenici, rimangono piacevolmente sorpresi.
Il premio Che-Fare è stato la svolta per Lìberos?
Assolutamente. Nel 2013 siamo stati premiati come miglior progetto culturale ad alto impatto sociale ed economico. É stato quindi riconosciuto il valore della cultura individuale, sociale e collettivo che Lìberos mette in rete. L’origine della replicabilità del nostro progetto nasce proprio da questa esperienza. Ci hanno detto in tanti che la nostra idea sembra l’unica soluzione possibile alla crisi dell’editoria, una risposta concreta che superi il pessimismo che pervade chiunque si occupi di cultura in Italia. La necessità era, e resta, quella di rendere i progetti culturali sostenibili, perché non può essere motore di sviluppo economico un settore in cui non si investe ma ci si affida alla buona volontà (e al tempo libero) di tanti appassionati.
Per replicare il modello è però necessario uno strumento tecnologico adeguato. Per questo abbiamo pensato a una raccolta di fondi diffusa, che però non sia solo una raccolta fondi, ma soprattutto una chiamata a raccolta di persone che credono nel progetto e vogliono farne parte, non solo sostenerlo “a distanza”.
Tecnicamente si chiama equity crowdfunding.
La piattaforma SmartHub ha scelto Lìberos come primo progetto. Succede quindi che Lìberos resta un’associazione, mentre abbiamo creato una nuova società (ISTERRE s.r.l.), di servizi, che si occupa di reperire i fondi in questa innovativa piattaforma digitale, dove tutti possono sostenere il progetto e diventarne parte. L’amministratrice della società è Francesca Casula, co-fondatrice di Lìberos, mentre il regista di questa replicabilità è Franco Contu. Per una volta, partiamo dal web per arrivare alla piccola biblioteca sotto casa.
La connessione tra operatori culturali e lettori è per noi l’industria davvero sostenibile.