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SardiniaPost: Sardex, numeri e intuizioni del successo made in Serramanna

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Otto regioni già servite dal circuito, altre cinque sono invece pronte a ‘partire’. Un milione e duecento euro di fatturato nel 2013 per la start up Sardex.net, cento lavoratori impiegati. A 55 milioni di euro ammonta, invece, il volume degli scambi di beni e servizi atteso in Sardegna per il 2015. I numeri del circuito Sardex parlerebbero da soli, se non fosse che vanno letti alla luce di una precisazione non da poco: convertire i sardex in euro è un’operazione indebita, le regole del circuito lo vietano espressamente. Vale a dire che i crediti Sardex sono spendibili esclusivamente all’interno della rete delle aziende disposte ad accettare questa forma di pagamento. Teoricamente non si muove un euro, e di fatto anche nella pratica è così, ma alla fine il sardex ha per le aziende l’effetto di liberare liquidità sul conto corrente (quello in euro) e abbattere le spese.

La parola chiave per muovere i primi passi nel mondo sardex è “potenziale inespresso”. Se oggi si pensa al classico esempio della fabbrica di rubinetti, è possibile – se non certo, in una congiuntura economica come quella attuale – che un’azienda non riesca a vendere tutti i rubinetti che produce “a causa di una crisi di liquidità sul lato della domanda o per altre ragioni di carattere strutturale legate alla crisi”, spiega il co-fondatore e responsabile dello sviluppo di Sardex.net Franco Contu.

Insomma, mancano i soldi per acquistare, ma questo non significa che manchi il bisogno di un determinato prodotto o che, sul versante dell’offerta, il bene in questione non sia disponibile.

Se l’azienda accetta di incassare sardex per vendere i rubinetti rimasti in magazzino, la startup (divenuta un’impresa a tutti gli effetti trascorsi i 5 anni dalla sua nascita) Sardex.net provvede ad aggiornare i conti di acquirente e fornitore con due cifre equivalenti ma di segno opposto (più per chi vende, meno per chi compra). E in ogni caso corrispondente al valore commerciale espresso in euro del prodotto transato (un sardex vale infatti un euro). Tanto i crediti del venditore quanto i debiti dell’acquirente vengono automaticamente immessi nel circuito: chi vanta un credito compra in sardex da aziende disposte ad accettare la moneta complementare, chi ha un debito (ma non ci sono né cambiali né interessi da pagare, anche perché le due posizioni di debitore e creditore sono riferite al circuito nel suo complesso) lo estingue vendendo beni e servizi a soggetti disposti a pagare col denaro virtuale.

Va da sé che in questo modo le aziende sviluppano un fatturato aggiuntivo, immediatamente re-investibile, che libera risorse in euro mentre consente di acquisirne di nuove tramite quell’originale strumento di pagamento che è il sardex. “In pratica, il sardex mette a valore ciò che il mercato euro ritiene morto, creando un terreno di scambio aggiuntivo e complementare che in una fase di crisi come quella attuale si rivela determinante, anche perché le aziende afferenti hanno possibilità di farsi credito reciprocamente e di trovare un’alternativa alla stretta creditizia praticata dalle banche negli ultimi anni”, spiega Contu.

“Tramite l’azione dei broker, che individuano fornitori e clienti e mediano tra loro, Sardex si occupa anche di mettere in contatto le aziende con clienti a cui non sarebbero mai arrivate, poi le aziende imparano a muoversi da sole e si assiste a una crescita esponenziale del giro d’affari realizzati all’interno del circuito”, assicura Contu. In altri termini, il Sardex va a coprire il buco generato da un’economia inespressa.

Oltre alle aziende, si dà sostegno ai dipendenti. E qui la casistica è ampia: ci sono dipendenti che hanno contrattato premi di produzione in crediti sardex oppure percepiscono una parte dello stipendio crediti digitali. Spesso si tratta di quell’aumento che difficilmente sarebbe arrivata in euro e sempre in sardex si può chiedere l’anticipazione sul tfr in credito.

“I risvolti valoriali della nostra iniziativa – questa l’espressione al sapore di certa sociologia maussiana o, senza per forza fare riferimento ai classici francesi, di certe pratiche normalmente in vigore all’interno delle comunità solidali  – sono tanti. “Alla base del sistema ci sono strette di mano tra soggetti in relazione che distribuiscono i loro prodotti a km 0 e s’impegnano a salvaguardare l’ambiente, c’è l’economia che rimane nel territorio e anche una precisa politica del prezzo. Spesso il miglior prezzo lo pratica chi non remunera adeguatamente la manodopera o chi non paga le tasse, noi siamo per un prezzo giusto”.

Di certo, sotto più aspetti, nel sistema del Sardex c’è l’irruzione nella torre d’avorio dell’economia della società. Potrebbe non bastare, ma la massima di Karl Polanyi in base alla quale “commette un errore chi stabilisce un’uguaglianza tra l’economia umana in generale e la sua forma di mercato” ritorna attuale.

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