Riceviamo e volentieri pubblichiamo le riflessioni del gruppo di studenti dell’Università di Trento che hanno analizzato il modello di Sardex. A loro, e al docente che li ha guidati, va il nostro personale ringraziamento per l’attenzione dimostrata.
All’Università di Trento si parla di Sardex! Siamo (nella foto partendo da sinistra: Anna Rizzi, Stefano Favretto, Francesca Poli, Fabio Zani, Luigi di Gesù e Silvia Atzori) sei studenti laureandi in Management: quando il professore di Business Policy ci ha chiesto di analizzare un caso aziendale, non sapevamo dove sbattere la testa. Volevamo un’impresa particolare, innovativa, diversa dal solito… volevamo un caso speciale. E lo abbiamo trovato! Sardex ha rappresentato una voce fuori dal coro tra le aziende che siamo abituati a vedere e studiare, perché ha un animo imprenditoriale, ma insieme sociale. E siamo convinti che sia proprio questo uno dei fattori chiave del suo successo.
Partita nel 2009 come una start-up, formata da cinque ragazzi animati dalla voglia di risollevare l’economia del proprio territorio, otto anni dopo Sardex S.p.a ha chiuso un round di finanziamento di 3 milioni di euro. Raccontiamo questa storia di successo ed espansione, analizzandola da un particolare punto di vista: abbiamo infatti aperto una prospettiva di studio sul business model dell’azienda. Cosa abbiamo scoperto? Che Sardex ha non ha uno, ma ben tre modelli di business! In una logica di sapiente diversificazione, è riuscita a innovare e innovarsi, in un processo di evoluzione che sembra non fermarsi.
C’è una citazione che ci piace, e che campeggia sulla prima pagina del nostro lavoro su Sardex. Sono le parole del buon vecchio Keynes, che però crediamo potrebbero venire dalla bocca di Gabriele Littera, Carlo Mancosu, degli altri fondatori, ma anche di tutti gli imprenditori che hanno creduto nel Circuito. Vogliamo condividerla con voi: «Vi racconterò come risposi a un famoso architetto che aveva dei grandi progetti per la ricostruzione di Londra, ma li mise da parte quando si chiese: “Dov’è il denaro per fare tutto questo?”. “Il denaro? – feci io – non costruirete mica le case col denaro? Volete dire che non ci sono abbastanza mattoni e calcina e acciaio e cemento?”. “Oh no – rispose – c’è abbondanza di tutto questo”. “Allora intendete dire che non ci sono abbastanza operai?”. “Gli operai ci sono, e anche gli architetti”. Bene, se ci sono mattoni, acciaio, cemento, operai e architetti, perché non trasformare in case tutti questi materiali?”. Insomma possiamo permetterci tutto questo e altro ancora. Una volta realizzate le cose sono lì, e nessuno ce le può portare via. Siamo immensamente più ricchi dei nostri predecessori!»
Aspettando il Trentinex, un cordiale saluto e un grazie dall’Università di Trento!