Vi ricordate il festival delle sorgenti del cambiamento di Mitzas? L’anno scorso l’evento è stato realizzato a Cagliari al Teatro Massimo. Anche quest’anno la location sarà la stessa e le novità non mancheranno. Ne abbiamo discusso con Massimo Mancini, direttore generale del Teatro di Sardegna che ha ottenuto in questi giorni il riconoscimento come TRIC, ovvero Teatro di Rilevante Interesse Culturale.
“Il TRIC è un progetto che abbiamo chiamato Sardegna Teatro”, spiega Mancini, “che è anche il brand con cui usciamo e comprende non solo il Teatro Massimo ma anche il Teatro MoMoTi di Monserrato. Premetto che il TRIC ha delle caratteristiche particolari che il Ministero dei Beni Culturali ha indicato: rischio culturale, ricambio generazionale, utilizzo degli spazi aperti, multidisciplinarietà, danza contemporanea. Abbiamo così immaginato questo progetto come una fabbrica del rischio, anzi abbiamo invitato tutti i nostri compagni di viaggio (da Is Mascareddas al coreografo Maurizio Saiu a imprese e università) a co-progettare il rischio. Quest’anno le produzioni saranno una decina. Solo a Maggio ne faremo tre: una produzione che andrà a ottobre anche al Piccolo di Milano all’interno degli eventi dell’Expò (a cui parteciperemo come prodotto artistico), un’altra con Maurizio Sau dal titolo “Morte araba”, e poi uno spettacolo con Is Mascareddas e Mauro Palmas sul testo di Massimo Carlotto “La via del pepe”, che andrà in scena all’interno del Festival di Filosofia.
Quello che vogliamo fare è produrre il più possibile con competenze del territorio però senza vincoli, collocandoci dentro una dimensione internazionale. Il progetto che chiuderà l’anno, infatti, a proposito di questo guardarsi fuori e dentro la regione, sarà curato da una scrittrice residente, Michela Murgia. Poi, sperimenteremo tanto! Abbiamo fatto uno spettacolo, Venti Contrari, in cui attori e marionette sono riusciti a dialogare insieme sul palco, sotto la regia dell’austriaca Karin Koller. Ciò che vogliamo fare è quindi guardare la dimensione locale e internazionale nello stesso contesto. Significa che creo una relazione col territorio auspicando che da lì nasca un progetto per i prossimi anni. Ad esempio, faremo una produzione nel 2017 con Veronica Cruciani, regista che vive a Roma e che è già stata qui. Tornerà a fine giugno perché insieme abbiamo già deciso una co-produzione col Teatro di Roma, uno dei più importanti d’Italia. Quindi si lavora anche nel lungo periodo.
Ancora, stiamo costruendo un progetto con una rete di spazi indipendenti sparsi nella regione e di sostegno alle giovani idee. Abbiamo fatto una prima tappa, costituiremo cinque gruppi da seguire, sperando di poterne fare altri. Il ruolo di un teatro secondo noi è anche quello di accompagnare i percorsi e la crescita degli artisti emergenti nel processo di creazione. Per questo creiamo contesti di confronto (come il workshop del 24 e 25 marzo) e sinergie con la filiera del territorio.
Chiaro che poi ogni progetto artistico è anche un progetto imprenditoriale, e che il contributo pubblico sia una doppia responsabilità. Tecnicamente siamo un soggetto che produce spettacoli dal vivo e processi culturali. Una stagione nel suo insieme è una creazione artistica. Ciò che credo sia interessante in quest’isola è far in modo che continui ad essere un territorio di sperimentazione per l’applicazione delle nuove tecnologie. La cultura è utile anche per questo, a sperimentare nuovi format e tecnologie applicate allo spettacolo. Siamo entrati a questo proposito in Sardex perché il circuito è un’economia del territorio e ci permette di rivolgerci ai fornitori locali. Nel circuito potremmo conoscere dei soggetti che vogliono prendere i nostri spazi e sperimentare, cosa già accaduta ad esempio con EjaTV, che per noi è un caso scuola. Noi diamo a loro contenuti e insieme ci inventiamo dei format che diventano mercato per entrambi. Mi aspetto quindi, all’interno del circuito, di incontrare partner con cui partecipare a bandi europei per sperimentare l’uso di una nuova tecnologia, per esempio. Le imprese devono pensare che anche noi possiamo essere un ponte. E che la cultura si può accompagnare anche all’agroalimentare. C’è in Sardegna qualche teatro che abbia una caffetteria o un ristorante di riferimento?